La denutrizione estrema diventa sempre più un fenomeno presente nelle RSA, tenendo in considerazione la fragilità dei profili che vi vengono ricoverati. Essa necessita di un trattamento alimentare specifico.
Esiste una forma particolare di denutrizione proteico-energetica in geriatria: la denutrizione proteico-energetica estrema. Sebbene rari, questi casi di denutrizione estrema non rappresentano l’eccezione nelle RSA. In questi casi, un trattamento nutrizionale specifico è necessario per evitare episodi di refeeding syndrome come evidenziato dai geriatri che hanno collaborato a un articolo pubblicato sulla rivista Neurologie - Psychiatrie - Gériatrie.
La presentazione clinica è quella di una persona anziana cachettica con un peso ed un IMC estremamente bassi ed apporti nutrizionali ridotti o inesistenti. Nella sua forma primaria, è legata ad un disinteresse per l’alimentazione in un contesto di isolamento sociale associato a disturbi cognitivi o prassici conclamati o iniziali. Deve essere distinta da casi di denutrizione estrema secondari ad ipercatabolismo (tumori, infezioni…).
-
Diagnosi della denutrizione estrema
Al momento del ricovero in RSA devono essere registrati il peso o l’IMC (18,5kg/m²), l’albuminemia (< 35g/L) ed un bilancio biologico per la ricerca di carenze nutrizionali vitaminiche e/o di fosforo. Questo perché questo tipo di denutrizione non è solamente proteico-energetica, ma presenta una riduzione degli apporti e dell’assorbimento di tutte le vitamine contenute negli alimenti.
-
Le conseguenze di una nutrizione inappropriata
La fisiopatologia della refeeding syndrome è legata essenzialmente all’ipofosforemia. Il periodo di digiuno induce una sarcopenia (lipolisi e proteolisi) con una perdita elevata di acqua e di sali minerali. La renutrizione che fa seguito al digiuno aumenta considerabilmente la produzione di insulina determinando un flusso consistente di acqua, potassio e fosforo verso la zona intracellulare. L’ipofosforemia che ne risulta crea un insieme di problematiche cliniche: cardiovascolari, renali, neurologiche, endocrinologiche ed ematologiche.
-
I soggetti a rischio di refeeding syndrome
I soggetti affetti da tumori, malattie croniche, colpiti da Ictus, le persone anziane sono a rischio di refeeding syndrome.
L’insieme degli studi consigliano una renutrizione progressiva. Essa deve considerare un apporto di fosforo (da 0,3 a 0,6 mmol/kg/die) per via orale e di magnesio (0,2 mmol/kg/die) per via intravenosa (o 0,4 mmol/kg/die per via orale). L’apporto nutrizionale deve essere aumentato progressivamente partendo da 10-15 kcal/kg/die con 1,5-2 g/kg/die di glucosio per i primi tre giorni senza mai superare poi i 4 g/kg/die i giorni seguenti. Gli apporti idrici e di sodio devono mantenersi limitati. Gli apporti di vitamine devono essere costituiti da vitamina B1 (tra 500 mg e 1 g/die), da folati (da 25 a 50 mg/die) e da cianocobalamina (2 mg/die per due settimane, poi una volta a settimana).
I consigli per gli apporti proteici differiscono da uno studio all’altro. Alcuni consigliano un apporto compreso tra 1,2 e 1,5 g/kg/die a partire dalla terza settimana di trattamento, altri consigliano gli stessi apporti dal primo giorno.
Dénutrition protéino-énergétique extrême : un concept mal connu en EHPAD. D Mallay, C Bouley, P Manckoundia. Neurologie Psychiatrie Gériatrie 2017 Vol. 17 – 85-92. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1627483016300940